giovedì 2 ottobre 2008

una ricetta d'eccezione



è da quando sono nata che applico felicemente il principio del relativismo, lasciando sempre spazio alle alternative e liberando appena posso il pensiero laterale. Perché prendere posizione se poi voglio sempre spostarmi?
Non ho un film preferito. Non ho un libro preferito. Non ho una canzone preferita. Anzi. Ho sempre trovato piuttosto banali domande del genere. Cosa vuol dire preferito? Rispetto a che? Magari fino a ora, ma me lo devono specificare, perché io credo nel miglioramento continuo. Insomma io non potrei mai andare alle invasioni barbariche, non ho la risposta pronta, non mi so decidere, per me tutto è possibile.
Ma qualche mese fa è successa la solita eccezione che conferma la regola.
Siamo sulla Torino-Milano, guido io, l'amica guardando fuori dal finestrino non trova di meglio che chiedermi:
-è il tuo ultimo giorno di vita. Cosa vuoi mangiare?
E mi viene in mente questo. Subito. Solo questo.


Non ha un nome, o meglio non l'ho mai saputo, ma da oggi potrei chiamarlo "L'eccezione". Un semifreddo. Chissà poi perché, dato che in generale non sono un'amante dei semifreddi, perché in generale non sono una persona paziente.
Ma è il dolce della mamma, quello che sa fare solo lei. E che toglie i freni inibitori di chiunque.
Haha. Dovreste vedere con quanta disinvoltura personaggi anche compiti fanno passare il loro cucchiaino dal piatto subito vuoto al vassoio principale. Lì la prendono alla larga, cominciano dai lati a raccogliere il dolce sciolto, poi si dilungano e insistono fino alle parti ancora intatte,
tanto poi si scioglierà lo stesso, e allora finiamolo! Senza peccati né sensi di colpa, davanti a quel dolce tutti si sentono assolti.
Ahhh, parlo di personaggi compiti perché in origine il dolce veniva presentato in occasioni importanti come cene di lavoro, le famose cene degli adulti da cui quando eravamo piccoli io e mio fratello venivamo banditi.
La ricetta l'ho letta e riletta che la so a memoria, con quella scrittura di mia madre come sempre un po' di corsa. Ve la trascrivo.

5 tuorli
1 etto di zucchero
300 gr di mandorlato (Cologna Veneta)
1/2 l di panna da montare
1 cucchiaino di fecola di patate
1 etto di uvette, da lasciare a bagno per mezz'ora in un po' di cognac.
In una ciotola, sbattere con frusta elettrica tuorli e zucchero, finché non diventano quasi bianchi. Aggiungere la fecola e cominciare a mescolare. Aggiungere il mandorlato tritato e l'uvetta asciugata e continuare a mescolare. Poi viene la panna, montata a parte.
Versare il tutto in uno stampo foderato di carta d'alluminio, lasciandolo poi a riposare nel freezer una notte intera.
Prima di servirlo, decorare con giochi di cioccolata calda o scaglie di cioccolato. Io farei bianco, preferisco sempre tono su tono.

Ma come tutti quelli che imparano a memoria, il dolce io non l'ho mai fatto.
E oggi il concorso, l'esercizio e l'occasione, ho chiesto alla mamma l'ennesima Eccezione.

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